Il disegno industriale
“Il designer in fabbrica”
Abstract
In quelle vere e proprie miniere che sono le riviste aziendali degli anni cinquanta e sessanta, a ben cercare ci si imbatte in filoni aurei, la cui ricchezza e attualità non finiscono di sorprendere. Questa volta tocca alla rivista Pirelli (uscita dal 1948 al 1972), crogiuolo come altre sue coeve di informazione tecnico-industriale, elaborazione teorico-culturale e sperimentazione artistico-visiva.
Il testo del 1957 di Giuseppe Forcellini, che qui ripubblichiamo, prende spunto da un documento in elaborazione da parte dell’Associazione per il disegno industriale, ossia di un’ADI giovanissima già alle prese con la questione della professionalizzazione del nascente disegno industriale. La necessità di normare i rapporti contrattuali fra il committente e il designer (stampato ancora in corsivo, a sottolinearne la scarsa penetrazione, oltre che in azienda, anche nel linguaggio nazionale) viene vista come un modo per favorire l’ingresso delle competenze del designer all’interno del processo produttivo, in una collaborazione armonica con i tecnici e in funzione del successo commerciale del prodotto, come peraltro già avveniva nei paesi industrializzati, Stati Uniti in testa (“all’estero l’industrial design è un imperativo categorico”). In realtà il testo si rivela un efficace resoconto delle difficoltà di affermazione del disegno industriale come professione in Italia. Ricco di annotazioni sulla diffidenza dei tecnici ad accogliere professionisti che consideravano come concorrenti, sulla scarsa propensione degli industriali a cedere parte della propria “sovranità” sui prodotti ad altri, sulla scarsa abitudine a lavorare collettivamente – insomma, sull’individualismo italico –, il testo mostra il retroterra sul quale si è sviluppata nella cultura italiana una mai sopita avversione verso l’idea della produzione di massa come fonte di appiattimento di quella creatività, espressività e qualità estetica vanto del design italiano...
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