Call for Papers AIS/Design Journal #13: Social Design

Social Design. Design e “bene comune”

La nuova economia che immaginiamo contribuisce al progresso materiale e accompagna l’individuo mentre perfeziona la propria personalità e le proprie vocazioni. E tuttavia non impedisce di volgere l’animo verso una meta più alta, non un fine individuale o un profitto personale, ma un contributo alla vita di tutti sul cammino della civiltà. Adriano Olivetti (1951)

Fra tutte le professioni, una delle più dannose è la progettazione industriale. Forse, nessuna professione è più falsa […]. La cosa più bella e più semplice che gli architetti, i disegnatori industriali, gli urbanisti, eccetera, potrebbero fare in un ambiente che si presenta alterato a livello visuale, fisico e chimico, sarebbe di smettere del tutto di lavorare. I progettisti sono coinvolti almeno parzialmente in ogni tipo di inquinamento.
Victor Papanek (trad. 1973 [1971])

La condizione sociale, ambientale ed economica che stiamo vivendo ha riattualizzato l’urgenza di una revisione del “perché” del progetto, sintetizzabile come tensione al social design. Un ampio territorio d’intervento questo, che attraverso una serie di espressioni sinonimiche – design etico, design umanitario, design per la collettività, design di pubblica utilità, design per l’utenza ampliata, e design per la sostenibilità –, fa riferimento alla ricerca di “una via d’uscita”, come già la chiamava Giovanni Klaus Koenig nel 1970, quella per cui il progettista non riveste solo il ruolo di autore di prodotti “firmati” a uso esclusivamente individuale, o di un ristretto nucleo di persone, ma che sposta la sua attenzione e il suo lavoro verso la concezione dell’insieme dei processi, dei prodotti e dei servizi (service design), destinati a favorire migliori condizioni di vita per l’intera comunità; in altri termini, per il “bene comune”. Oggi si torna a rivendicare uno scopo più politico e critico del design così com’era nei presupposti iniziali stessi della cultura del design.

In ambito nazionale e internazionale, fin dagli anni sessanta è emersa una critica alla diffusione delle merci, alle tecniche di persuasione pubblicitaria (si pensi al manifesto First things first pubblicato nel 1964), alla pratica del consumo, e con essa la necessità di applicare le competenze progettuali ad ambiti più orientati a un beneficio inclusivo, a un obiettivo politico del design verso la responsabilità sociale e ambientale, come sottolineato dal dibattito critico (critical design). Victor Papanek e Tomás Maldonado erano tra le voci più autorevoli a denunciare, attraverso i loro scritti pubblicati in contemporanea nel 1971 (Design for the real world e La speranza progettuale), le derive del design dei consumi e, fin da quel momento, auspicavano una presa di coscienza di fronte ai profondi cambiamenti, anzitutto culturali, della società e dell’ambiente.

Sebbene nel corso del tempo sia più volte emersa l’attenzione di progettisti, scuole e gruppi per tematiche e ricerche volte al sociale, alla sostenibilità dello sviluppo, alla pubblica utilità – nel tentativo di recuperare uno scopo, una necessità, un senso etico – in realtà la storia del design italiano è ancora sostanzialmente fatta di storie di prodotti elitari, di aziende design oriented che hanno operato nei livelli alti e medio-alti del mercato, di brand dal forte impatto visivo e alto costo. E anche il dibattito sulla grafica di pubblica utilità, seppur avanzato in termini teorici, pare abbia rinunciato a una concezione complessiva di progetto, soprattutto in relazione all’esperienza definita in occasione della prima (e unica) Biennale di Cattolica.

Tuttavia, crediamo che i fili della storia del social design siano rintracciabili anche in Italia. Di progetto per il bene comune si può parlare in relazione all’idea di “comunità” messa in atto da Adriano Olivetti, che aveva integrato pionieristicamente il modello fordista della fabbrica con la componente psicologica – componente tradotta in concreto nell’attenzione alla persona attraverso la sua visione politica di organizzazione del lavoro – e anche nel caso di soluzioni che hanno migliorato la vita delle persone in vari ambiti contestuali e di intervento: dai trasporti pubblici agli arredi urbani, e da quelli scolastici alle attrezzature per ospedali, fino ai prodotti per utenze deboli (filone progettuale portato avanti in particolare da Gianni Arduini) e ai progetti umanitari (in questo modo poteva essere intesa l’unità abitativa di emergenza disegnata nel 1972 da Marco Zanuso e Richard Sapper). La stessa ampiezza d’intervento vale per il settore della comunicazione visiva che, fin dagli anni settanta, ha posto grande attenzione ai temi del progetto grafico per le istituzioni pubbliche e al dialogo con il cittadino, attraverso gli strumenti comunicativi progettati.

Periodicamente sono state messe in essere organizzazioni di vario tipo, campagne e iniziative volte alla sensibilizzazione della popolazione riguardo specifici temi di interesse comune: dalle campagne della Pubblicità Progresso, alle call per manifesti a scopo “benefico”.

A partire da questa premessa, la call 12 di «AIS/Design. Storia e Ricerche» è volta ad avviare uno scavo storico sul tema del “design per il bene comune” per far emergere documenti e testimonianze, e da essi trarre tesi sul piano critico anche per un dibattito di attualità. Allo stesso tempo è di nostro interesse contribuire alla volontà, espressa a livello internazionale, di storicizzare il social design (ci riferiamo soprattutto ad A Tentative Archeology of Social Design di Alain Findeli, 2018), corroborata dal medium espositivo che, da un lato ha celebrato retrospettivamente Papanek (Victor Papanek: The Politics of Design, Vitra Design Museum, Weil am Rhein, 29 set 2018 / 18 mar 2019), dall’altro sottolinea l’urgenza del tema in questione (Social Design, Museum fu?r Kunst und Gewerbe, Amburgo, 29 mar / 27 ott 2019; Broken Nature, XXII Triennale di Milano, 1 mar / 1 set 2019). Emerge anche in Italia una necessità di analisi retrospettiva e di rilettura storica al fine di meglio comprendere l’eredità di certe esperienze e sperimentazioni progettuali, e dove siano emerse criticità o debolezze nella capacità del design italiano di affermarsi anche come pratica per il bene comune.

Sintesi

Questa call dedicata al social design, nelle sue più varie declinazioni (di prodotto, servizio, comunicazione e riflessione teorica), intende quindi raccogliere contributi dal taglio storico-critico che mettano in luce:

  • quali sono stati gli ambiti del “design per il bene comune” più discussi e praticati in Italia e quali i progetti. Con quali tipi di relazioni con ciò che avveniva in ambito internazionale.
  • quali casi possono essere considerati come atto di fondazione di attività e pratiche verso il social design contemporaneo;
  • la possibilità di definire delle storiografie e delle geografie del social design a livello italiano e/o internazionale;
  • la concreta esistenza, o meno, di una “grafica di pubblica utilità” e, nel caso, qual è stata la sua eredità;
  • quali pratiche del progetto siano ascrivibili storicamente agli ambiti della riflessione, della ricerca e della sperimentazione e quali abbiano avuto una effettiva ricaduta a livello di politiche e produzione;
  • testimonianze, contributi, dibattiti definibili come fondativi delle aree del social design.

Parole chiave: storia del design, design per il bene comune, design per la collettività, design per la sostenibilità, grafica di pubblica utilità, utenza debole ed ampliata, committenza alternativa, health design, trasporti pubblici, servizi pubblici.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Anceschi, G. (1984). Prima Biennale della Grafica. Propaganda e cultura: indagine sul manifesto di pubblica utilità dagli anni Settanta ad oggi. Milano: Arnaldo Mondadori Editore.
Bollini, L. e Branzaglia, C. (a cura di) (2003). No Brand More Profit. Etica e comunicazione. Milano: AIAP Edizioni.
Findeli, A. (2018). A Tentative Archeology of Social Design. Atti del Convegno 10th ICDHS “Back To The Future. The Future In The Past”. Barcellona, 29/31 Ottobre 2018
Garland, K. (1964). First things first. The Guardian [http://www.designishistory.com/1960/firstthings-first/].
Koenig, G. K. (1970). Design per la comunità. «La Biennale di Venezia» n.66, pp.19-29.
Koenig, G. K. (1991). Il design è un pipistrello mezzo topo mezzo uccello. Firenze: la casa Usher.
Maldonado, T. (1970). La speranza progettuale. Ambiente e società. Torino: PBE.
Olivetti, A. (2014). Le fabbriche di bene. Roma: Edizioni di Comunità.
Papanek, V. (1973) Progettare per il mondo reale. Il design: come è e come potrebbe essere (trad. di Guido Morbelli), Milano: Mondadori.
Rauch, A. e Sinni, G. (2009). Disegnare le città: grafica per le pubbliche istituzioni in Italia. Firenze: Lcd Edizioni.

SCADENZE E CONTATTI

Tutti i contributi (su invito e su call) saranno sottoposti a processo di referaggio anonimo (blind peer-review). Le scadenze sono le seguenti:

  • Entro lunedì 15 luglio 2019  il 9 settembre 2019 invio dell’abstract con la proposta di contributo sulla base delle tipologie ammesse (max. 300 parole, o 2000 battute); l’abstract, completo di titolo, deve essere accompagnato con 5 parole chiave e da una breve biografia (max. 150 parole, o 1000 battute).
  • Entro lunedì 23 settembre 2019: comunicazione di interesse, da parte degli editor, per le proposte ricevute e della eventuale accettazione.
  • Entro lunedì 14 ottobre 2019: invio da parte degli autori della versione integrale del contributo, impostato secondo le norme redazionali della rivista e inclusivo di abstract, parole chiave, biografia
    dell’autore, immagini, didascalie (si veda sotto “Tipologie di contributi e preparazione dei materiali”); i contributi saranno soggetti a peer-review.
  • Entro lunedì 11 novembre 2019: comunicazione agli autori dell’esito della peer-review, della eventuale accettazione del contributo e degli interventi richiesti in vista della pubblicazione.
  • Entro lunedì 9 dicembre 2019: invio da parte degli autori della versione definitiva dei contributi per la pubblicazione.
Tutte le consegne devono pervenire entro le date indicate all’indirizzo email: editors@aisdesign.org e in cc: journal@aisdesign.org

Per domande e chiarimenti, è possibile contattare gli editor all’indirizzo: editors@aisdesign.org


TIPOLOGIE DI CONTRIBUTI E PREPARAZIONE DEI MATERIALI

I contributi proposti devono essere testi originali. Contributi che non rispondano agli obiettivi della rivista, che siano già stati presi in considerazione da altre pubblicazioni, che siano apparsi in riviste o libri in italiano o altre lingue, o che siano repliche, nelle parole o nel senso, di lavori già pubblicati, potranno essere rifiutati senza peer-review.

Si accettano testi in italiano o in inglese.

Ciascun testo consegnato nella versione per la pubblicazione dovrà essere accompagnato da:

un abstract (max 150 parole o 1000 battute) in italiano e in inglese (a prescindere che il testo sia in in italiano o inglese);

dall’indicazione di massimo 5 parole chiave, in italiano e inglese, relative sia ai temi sia agli autori trattati;

da una breve biografia (max 150 parole o 1000 battute), in italiano e inglese, dell’autore (o degli autori).

La direzione, gli editor e la redazione invitano gli autori a proporre contributi anche in forme meno convenzionali. Oltre saggi e articoli di livello scientifico si sollecitano proposte che adottino metodologie di ricerca e restituzione della stessa maggiormente diversificate.

Si ritiene importante rinforzare un approccio proprio della oral history, con interviste a protagonisti principali o minori che permettano di inquadrare alcuni degli argomenti della call in una specifica prospettiva; oppure il dialogo critico con un protagonista di una specifica esperienza progettuale o di una posizione di tipo teorico. Tali contributi possono essere restituiti sia in forma scritta, che in formato video.

Inoltre si accettano contributi visivi, nella forma del visual essay: ovvero la restituzione di una vicenda, di una sua interpretazione critica, o di un particolare punto di vista, in forma visivofotografica. Un visual essay è in sostanza una sequenza di fotografie ordinate e organizzate per costruire un commento critico su un argomento definito. Gli elementi visivi di un saggio di questo tipo devono essere prevalenti per sviluppare un argomento o chiarire le idee che si intendono presentare, piuttosto che servire da esempio, illustrazione o documentazione aggiuntiva a un sintetico testo di accompagnamento. Le immagini possono essere state prodotte per l’occasione dall’autore e/o provenire da collezioni, archivi, o essere il risultato di una ricerca specifica. Una volta accettata la proposta, gli editor e la redazione concorderanno con l’autore (o gli autori) eventuali adattamenti e modifiche ai fini della migliore restituzione all’interno della rivista.

Le proposte di contributo possono ricadere sotto le seguenti tipologie:

Saggi: scritti caratterizzati da un taglio teorico, critico, e metodologico, volti all’approfondimento tematico, alla discussione e ri-lettura di argomenti storici di respiro generale. Max. 50.000 battute comprese note, riferimenti bibliografici e didascalie.

Ricerche: scritti dedicati a specifici argomenti di carattere storico-analitico, basati sull’indagine condotta su fonti primarie e con risultati inediti sul piano storiografico. Max. 50.000 battute comprese note, riferimenti bibliografici e didascalie.

Microstorie: scritti che si caratterizzano per la peculiarità e la novità del tema trattato, con un taglio analitico che privilegia storie circoscritte, inedite e poco divulgate o che attinge anche a settori ai confini della disciplina. Max. 30.000 battute comprese note, riferimenti bibliografici e didascalie.

– Si accettano anche recensioni, traduzioni, riletture, approfondimenti su luoghi della ricerca e della conservazione, letture di palinsesto (da 1 a 4 per numero), purché siano coerenti con gli argomenti della call. Max. 15.000 battute comprese note, riferimenti bibliografici e didascalie.

– Come già sottolineato, si sollecitano contributi che utilizzino metodologie di ricerca e restituzione della stessa maggiormente diversificate: ad esempio interviste, dialoghi critici, articoli storiografici. Max. 30.000 battute comprese note, riferimenti bibliografici e didascalie.

Visual essay: si valuteranno contributi costituiti almeno da 15-20 immagini accompagnate da 1500 parole di testo più le didascalie se ritenute necessarie (tale quantitativo corrisponde convenzionalmente a un testo di 4000 battute). È possibile proporre un visual essay come documento unico contenente immagini, testo e didascalie seguendo le norme redazionali fornite per gli altri tipi di contributi. Inoltre, ricevuta l’accettazione, l’autore (o gli autori) dovranno fornire in file separati le immagini in qualità e risoluzione adeguate.

Video (documentario breve, video-intervista) della durata massima di 30 minuti. Produzione, ottimizzazione e adeguamento alla fruizione online sono a carico degli autori.


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Norme redazionali:

IT: https://docs.google.com/document/d/1O0c1zAl60HcMy8O-r_KzKm8QyRHIBltXczAajxmB7m8/edit?usp=sharing

EN: https://docs.google.com/document/d/1i_Pj-AcveIFZp8ocYmIZF4vJYMkTJSOviubh5px3R-Y/edit?usp=sharing

Per l’apparato iconografico, ogni autore potrà fornire ca.10 immagini libere da diritti o per le quali abbia già ottenuto diritto di pubblicazione (sulla rivista online), accompagnate da didascalie complete con indicazione di eventuali crediti.


Social Design. Design and the “common good”

The new economy we imagine contributes to the material progress and accompanies the individual while it perfects its personality and vocations. Nevertheless, it does not prevent us from turning our minds towards a higher goal, not an individual aim or a personal profit, but a contribution to the life of everyone on the path of civilization. Adriano Olivetti (1951)

Among all the professions, one of the most harmful is industrial design. Perhaps, no profession is more false […]. The most beautiful and most straightforward thing that architects, industrial designers, urban planners, etc. could do in an environment that is altered visually, physically and chemically, it would be to stop working altogether. The designers are at least involved partially in every type of pollution. Victor Papanek (trad. 1973 [1971])

The social, environmental and economic conditions we are experiencing today make it necessary to rethink the reasons of design itself: this phenomenon can be seen as a tension towards social design. A broad area of intervention: through a series of synonyms – ethical design, humanitarian design, community design, public utility design, design for extended users, and sustainability design –, it can be defined as the search for “a way out”, as Giovanni Klaus Koenig already called it in 1970. From this point of view, the designer does not only act as the author of “branded” products used by individuals or small groups of people, but it also shifts its attention and work towards the set of processes, products and services (service design), destined to foster betterliving conditions of the entire community. In other words, for the “common good”. Today we go back to claim a more political and critical purpose of design, as it was in the original principles of the design culture itself.

Since the 1960s criticism of both goods circulation and advertising persuasive techniques has emerged in the national and international context (think of the First things first manifesto published in 1964). As a critique to consumerism itself, it also emerged the need to use design skills in order to reach more inclusive benefits. That was the political goal of design, oriented towards social and environmental responsibility, as underlined by the critical debate (critical design) as well. Through their writings both published in 1971 (Design for the real world and La Speranza Progettuale), Victor Papanek and Tomás Maldonado were among the most influential voices to denounce the drifts of consumer goods’ design, as they wished for an increased awareness of the deep cultural changes of society and environment.

Over the last few years the attention of designers, schools and researchers focused on social changes, sustainable development and public utility, as they tried to regain goals, necessities and ethics. However, the history of Italian design is still substantially made up of single stories of elitist products, design-oriented companies operating in the high and medium-high levels of the market, and brands with a strong visual impact and high cost. Even the debate on public utility graphic design, although advanced in theoretical terms, seems to have renounced to define itself as an overall project.

However, we believe that the paths of a social design history can also be traced in Italy. We can mention the idea of “community” carried out by Adriano Olivetti, who had pioneered a combination of the Fordist-factory model with a psychological insight, put into effect through his political vision of work organisation oriented to the care for the person. We can find other examples of ideas which improved people’s lives in various contexts: from public transport to street or school furniture, hospital equipment, consumer goods for people with special needs (a design area particularly developed by Gianni Arduini) or humanitarian projects (e.g. the emergency housing unit designed in 1972 by Marco Zanuso and Richard Sapper). Mainly starting from the 1970s, we can find a similar variety of examples in the field of visual design, as different communication tools were designed for public institutions and to interact with the citizens. At that time, various types of advertising campaigns and initiatives were aimed at raising public awareness about specific issues of common interest. There were also calls for posters promoted by charity organisations or organized in some particular occasions.

Starting from this premise, call 12 of «AIS/Design. Storia e Ricerche» («AIS/Design, History and Research», the online scientific journal promoted by the Italian Association of Design Historians) aims to set out an historical excavation on the theme of “design for the common good”, to bring out documents, testimonies, and theses in order to update the critical debate in this issue. At the same time, it is a compelling interest to contribute to the need, expressed at international level, of a history of social design (we refer above all to Alain Findeli’s A Tentative Archeology of Social Design, 2018). This is a need reinforced by some recent exhibitions: the retrospective dedicated to Papanek (Victor Papanek: The Politics of Design, Vitra Design Museum, Weil am Rhein, September 29, 2018 / March 18, 2019), and also the ones that underline the urgency of the subject (Social Design, Museum fu?r Kunst und Gewerbe, Hamburg, 29 March / 27 October 2019; Broken Nature, XXII Triennale di Milano, 1 Mar / 1 Sep 2019). The need for retrospective analysis and historical re-reading of this theme emerges in Italy as well, in order to better understand the legacy of past design practices and experiences, and the weaknesses of Italian design to establish itself as a contribution for the common good.

SUMMARY

This call dedicated to social design, in its most various forms (product, service, communication and theory), therefore intends to collect contributions with a historical-critical viewpoint that highlight:

  • Which were the most discussed design fields and projects concerning “common good” in Italy. What kind of relationships had the Italian projects in the international arena;
  • Which cases can be considered as founding acts of contemporary social design;
  • The possibility of defining historiographies and geographies of social design at an Italian and/or international level;
  • The actual existence, or not, of a “public utility graphic design” and of its legacy;
  • Which design practices are historically ascribable to the fields of reflection, research and experimentation and which ones had a practical impact on policies and production;
  • Testimonies, contributions, debates which can be defined as the foundations of social design.

Keywords: design history, design for the common good, community design, sustainability design, public utility graphic design, design for weak users, health design, public transport, public services.

BIBLIOGRAPHIC REFERENCES

Anceschi, G. (1984). Prima Biennale della Grafica. Propaganda e cultura: indagine sul manifesto di pubblica utilità dagli anni Settanta ad oggi. Milan: Arnaldo Mondadori Editore.
Bollini, L. e Branzaglia, C. (a cura di) (2003). No Brand More Profit. Etica e comunicazione. Milan: AIAP Edizioni.
Findeli, A. (2018). A Tentative Archeology of Social Design. Proceeding for the 10th ICDHS “Back To The Future. The Future In The Past” Conference. Barcelona, 29/31 October 2018.
Garland, K. (1964). First things first. The Guardian [http://www.designishistory.com/1960/firstthings-first/].
Koenig, G. K. (1970). Design per la comunità. «La Biennale di Venezia» n.66, pp.19-29.
Koenig, G. K. (1991). Il design è un pipistrello mezzo topo mezzo uccello. Florence: la casa Usher.
Maldonado, T. (1970). La speranza progettuale. Ambiente e società. Turin: PBE.
Olivetti, A. (2014). Le fabbriche di bene. Rome: Edizioni di Comunità.
Papanek, V. (1971). Design for the Real World: Human Ecology and Social Change. New York: Pantheon Books.
Rauch, A. e Sinni, G. (2009). Disegnare le città: grafica per le pubbliche istituzioni in Italia. Florence: Lcd Edizioni.


SUBMISSION DEADLINES AND CONTACTS

All submissions (both by invitation and in response to the call) are subject to blind peer-review. Deadlines are as follows:

  • July 15, 2019  September 9, 2019: abstract submission; contribution proposal must be based on the types accepted (max. 300 words); it will include the title, 5 keywords and a short biography of the author/authors (max. 150 words each).The abstract may be in English (or English and Italian).
  • September 23, 2019: abstracts’ notification of acceptance.
  • October 13, 2019: full paper submission, adhering to the journal’s editorial standards and including abstract, keywords, author/s biography/ies, images, and captions (see below “Types of contributions and preparation of the materials); the contributions will be subject to peer review.
  • November 11, 2019: notification to the authors of the peer review’s outcome (changes or additional work may be needed in view of publication).
  • December 9, 2019: final paper, sent by the authors of the final version of the contributions for publication.

All submissions should be submitted respecting the defined deadlines via email to editors@aisdesign.org and journal@aisdesign.org. For questions and relevant communication contact the editors at editors@aisdesign.org.

TYPES OF CONTRIBUTIONS AND MANUSCRIPT PREPARATION

All proposed contributions must be original texts. Papers that are beyond the scope of the journal, that have previously been submitted to other journals or have already been featured (in any language), or that replicate texts published elsewhere, will be rejected without peer review.

Final papers must be accompanied by:

  • an abstract (max 150 words or 1000 characters) in Italian and English (regardless of whether the text is in Italian or English);
  • a maximum of 5 keywords, in Italian and English;
  • a short biography (max 150 words or 1000 characters), in Italian and English, of the author (or authors).

The journal’s Director, Editors and Editorial Staff invite the authors to send proposals also in less conventional forms. Besides papers and essays of scientific quality, the journal accepts proposals that adopt various research and output methods.

It is considered essential to reinforce a proper oral history approach, with interviews with main or minor protagonists for framing some of the topics of the call in a specific perspective; or the critical dialogue with a protagonist of specific design experience or theoretical position. These contributions can be returned either in written form or in a video (movie) format. Furthermore, visual contributions are accepted, in the form of visual essays: so to discuss the results of a story, its critical interpretation, or a particular point of view, in a visual-photographic form. A visual essay is essentially a sequence of ordered and organised photographs to construct a critical comment on a defined topic. The visual elements of an essay of this type must be prevalent to develop a topic or clarify the ideas that are intended to be presented, rather than serving as an example, illustration or additional documentation to a concise accompanying text. The images may have been produced for the occasion by the author and/or come from collections, archives, or be the result of specific research. Once the proposal has been accepted, the editors and the editors will agree with the author (or authors) on possible adaptations and modifications for the best output in the journal.

Contributions can be proposed for the following categories.

Essay: contributions presenting a theoretical, critical, and methodological stance that offer an in-depth discussion or re-reading of broad historical arguments and questions (max. 8000 words, including notes, references, captions).

Research study: papers based on studies conducted on primary sources and offering original historical insight into specific topics or stories (max. 8000 words, including notes, references, captions).

Micro-history: papers that analyse particular and specific stories, which have been neglected to date or refer to the border areas of the discipline (max. 4000 words, including notes, references, captions).

– We also accept reviews, translations, re-readings, in-depth studies on research and conservation institutions (from 1 to 4 per issue), as long as they are consistent with the topics of the call (max. 2000 words including notes, references and captions).

– As already underlined, the journal looks for contributions that use various research and output methods, for example interviews, critical dialogues, historiographical articles (max. 4000 words including notes, references and captions).

Visual essay: the editors will evaluate contributions consisting of at least 15-20 images accompanied by 1500 words of text plus captions if necessary (this quantity corresponds conventionally to a text of 4000 characters or 600 words circa). It is possible to propose a visual essay as a single document containing images, text and captions following the editorial rules provided for the other types of contributions. Furthermore, upon acceptance, the author (or authors) must provide the images in adequate quality and resolution in separate files.

Video (short documentary, video-interview) up to 30 minutes. Production, optimization and adaptation to online use are the responsibility of the authors.

Download Call:

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Authors’ guidelines:

IT: https://docs.google.com/document/d/1O0c1zAl60HcMy8O-r_KzKm8QyRHIBltXczAajxmB7m8/edit?usp=sharing

EN: https://docs.google.com/document/d/1i_Pj-AcveIFZp8ocYmIZF4vJYMkTJSOviubh5px3R-Y/edit?usp=sharing


To complement their contribution, authors can submit up to 10 images (copyright-free images or images for which authors have obtained the right/permission of publication), accompanied by full captions (including credits).[:]